Medicina Tradizionale Cinese e Medicina Occidentale
L’etimologia stessa della parola “medicina” mette in evidenza come sia possibile interpretare tale disciplina in due modi completamente e profondamente differenti.
Infatti, mentre per alcuni il termine deriva dal latino “medicus”, a sua volta derivato dal verbo “medeor” che significa «rimediare», «curare le malattie», altri fanno risalire la sua etimologia a “modus”, cioè alla «giusta misura» che deve guidare chi la professa, quindi secondo questo approccio la medicina equivale a “medietas”, o «arte del giusto mezzo», lontana da difetti ed eccessi, da scarsità ed abbondanza ed esercitata da chi cura non solo con «giustezza», cioè con misura, ma anche con «giustizia», cioè con equità, con equilibrio.
A partire da questi due possibili approcci, nel corso degli ultimi due secoli, in Occidente ed in Oriente si sono sviluppate due scuole di pensiero che prevedevano un concetto di cura e mantenimento della salute molto diverso. Volendo schematizzarle e riassumerle a mio avviso le principali differenze tra queste “due medicine” sono:
- età: la medicina occidentale è sostanzialmente una scienza appena nata (ha meno di 200 anni!), mentre la medicina tradizionale cinese è millenaria (le prime teorie risalgono ad un periodo compreso tra il 2.000 a.C. ed l 1.000 a.C.)
- modo di evolvere: la medicina occidentale progredisce esclusivamente con la ricerca scientifica e con la sperimentazione, mentre la medicina orientale in generale e quella tradizionale cinese in particolare si basa su principi antichi derivati dall'osservazione dell’uomo e della natura e sulla base di questa concezione continua ad evolvere
- concezione dell’uomo: per la medicina orientale l’uomo è parte dell’ambiente (clima, qualità di acqua, aria e cibo, emozioni, costituzione, realtà in cui vive, etc.), mentre la medicina occidentale vede l’essere umano come un elemento indipendente dal contesto ambientale in cui vive
- malattia: nella filosofia medica orientale la malattia è sinonimo di squilibrio di tutto l’organismo, nella mentalità occidentale la malattia è causata da un solo elemento discordante. In altre parole se ho male agli occhi il dottore occidentale cerca il “guasto” nell'apparato visivo, mentre il medico orientale analizza le cause che possono portare ad una disfunzione visiva e spesso tali cause le ricerca lontano dagli occhi.
Possiamo a buon ragione dedurre che per la medicina occidentale la cura è un’azione da intraprendere al fine di eliminare i sintomi della malattia, per la medicina orientale in generale e per quella tradizionale cinese in particolare la cura è un percorso da praticare con pazienza che riporta all'equilibrio naturale, ricercando le cause degli squilibri. Nell'antica tradizione orientale si può quindi già riconoscere un'impostazione molto orientata al concetto di prevenzione: lo scopo della medicina infatti non è tanto quello di curare il malato o di lottare contro la morte, quanto quello di conservare la salute e il benessere di chi malato non è.
A questo proposito è illuminante questo breve spezzone tratto dal film «La Crisi» di Coline Serreau del 1992.
È chiaro quindi che, vista sotto quest’ottica, la medicina smette di essere monopolio dei tecnici e struttura di potere e di controllo così come a mio avviso è concepita nella nostra attuale società, sostanzialmente costruita a misura di medici e non di malati, men che meno di sani. Questa visione «medico-centrica» della medicina infatti di fatto tende ad espropriare le persone della propria capacità e del proprio diritto di gestire la salute in prima persona e relega in secondo piano altre risorse e possibilità non «scientifiche», che in realtà sarebbero altrettanto importanti per permettere un miglioramento della quantità e della qualità della vita.
Questa impostazione, inoltre, mette il paziente in una posizione addirittura più drammatica: per la medicina occidentale egli esiste ed è vissuto sempre appunto come paziente, cioè esclusivamente come una persona già malata che deve recuperare la salute, che varie «fatalità» possono togliere e che solo l'intervento medico può talvolta ridare; egli non esiste quando è sano!
Da una parte quindi il medico agisce in anticipo sulle cause della malattia, contribuendo a mantenere l'individuo in buona salute, dall'altra è colui che arriva sempre in ritardo, a malattia iniziata o conclamata ad “aggiusta” quel che può, spesso lavorando più sui sintomi che sulle cause.
Nel primo caso ovviamente il mantenimento della propria salute prevede un lavoro quotidiano, una responsabilità di ciascuno di noi, che tiene conto in ogni momento della realtà storica, sociale, emotiva in cui l'individuo opera ed agisce, che richiede impegno e responsabilità e che spesso non è facile portare avanti; nel secondo caso si tratta semplicemente di una riparazione di emergenza, magari anche ben fatta, e null'altro; secondo tale visione, comunque, la gestione e la responsabilità della salute viene completamente demandata ai medici. All'utente resta solo la possibilità di fidarsi.
L'impostazione della medicina occidentale moderna è inoltre massimamente analitica; la tendenza, infatti, è sempre di più quella di specializzarsi e di scomporre il corpo umano nelle singole parti che lo costituiscono. Si cerca di isolare la malattia in una singola parte e si concentrano le cure in quella specifica parte del corpo.
La medicina tradizionale orientale invece non concepisce il corpo come composto di parti separate, ma considera ogni organo una parte del tutto, e la malattia rappresenta un deterioramento o un disequilibrio di tutto il sistema “uomo”. I migliori medici sanno perfettamente che il nostro corpo non è separato dalla terra e dalla natura che lo nutre. La terra, le piante che essa produce, gli animali e gli uomini sono tutti in rapporto tra loro: la malattia di una qualsiasi parte del corpo riflette sempre un cattivo funzionamento della totalità del sistema.
Significative in questo senso sono due rappresentazioni dell’uomo secondo la visione antica cinese (l’uomo è rappresentato come un paesaggio naturale ed il funzionamento del suo corpo è paragonato a quello della natura) e quella secondo la concezione dell’uomo in piena fase di rivoluzione industriale (sostanzialmente una macchina formata da parti meccaniche, uguali per tutti gli individui).
Come detto quindi secondo l’approccio orientale il corpo è sempre visto integrato nel mondo esterno, nella natura o, come si dice oggi, nell'ambiente. Appare quindi impossibile capire la malattia e quindi curarla se non si tiene conto del rapporto individuo-ambiente, uomo-natura. E poiché solo l'individuo stesso in prima persona conosce esattamente quale è in un dato momento la sua situazione storica, sociale, emotiva, fisica e dove con ogni probabilità nasce il proprio malessere/disequilibrio, esso diviene appunto il primo operatore sanitario, il vero ''medico di se stesso"; il medico a questo punto diventa semplicemente uno strumento che dispone appunto di certe conoscenze e che viene come tale utilizzato.
Le distanze tra la Medicina Cinese e la Medicina Occidentale sono quindi prima di tutto distanze tra ambiti di pensiero più vasti, differenze nella concezione della natura e del suo rapporto con l’uomo, ma ancora più profondamente, differenze tra i modi di sistematizzare l’uomo ed il mondo e di pensarne i problemi.
È chiaro quindi che se le premesse e le domande che ci si pongono sono diverse, non deve sorprendere che le risposte siamo molto differenti e difficilmente comparabili. Di questi due approcci infatti non necessariamente uno dei due è giusto e uno è sbagliato; un buon medico a mio avviso, dovrebbe riuscire a mantenere la lucidità e l’apertura mentale per capire quale dei due approcci sia più utile per far stare bene quella persona che lo consulta in quella situazione, in quel momento della sua vita.
Spesso si usa utilizzare il termine “medicine alternative” per indicare questi approcci differenti verso la salute rispetto a quello scientificamente riconosciuto in occidente, passando indirettamente il messaggio che una visione debba necessariamente sostituire o contrapporsi all'altra. A mio avviso invece è molto più utile e corretto definirle “medicine complementari” oppure “medicine integrate” per sottolinearne la possibilità di utilizzo non necessariamente al posto di quelle scientificamente riconosciute, ma al loro fianco, sempre nell'ottica finale della salute della persona.
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